Curriri quantu voi, tèniri tài
Durante lo scorso anno scolastico, la Pro Loco Vitese ha proposto ai ragazzi vitesi una ricerca sui modi di dire in lingua siciliana. I ragazzi, come era stato loro consigliato, hanno ottenuto la collaborazione dei componenti più anziani della famiglia (in primis i nonni). I docenti che li hanno coadiuvati nella ricerca, hanno fatto in modo che pochissimi sono stati i casi di ripetizione dello stesso "modo di dire". Il risultato è stato davvero sorprendente e se ne è avuta la prova nel corso della manifestazione conclusiva svoltasi nell'auditorium del Centro Sociale. Era stata richiesta ai ragazzi anche l'indicazione della persona da cui avevano appreso il modo di dire e una bambina ha scritto di averlo appreso dallo "Zio". A Vita ci conosciamo tutti e non fu quindi difficile per me capire chi fosse lo Zio. Parecchi giorni dopo, incontratolo, gli feci i complimenti per l'interessante suggerimento dato alla piccola e lui mi disse di essere stato indeciso tra quello dato e quello che oggi propongo alla vostra attenzione. Nacque una breve e piacevolissima conversazione resa per me più interessante dal fatto che non conoscevo "curriri quantu voi, tèniri tài". Faccio tesoro da quella conversazione e tento di darne l'interpretazione più corretta. La considerazione più semplice è che per quanto potrai correre alla fine ti dovrai fermare. Ciò potrebbe apparire come ovvia certezza che ogni attività umana ha un fine ma sarebbe una spegazione riduttiva. L'interpretazione corretta del mio interlocutore è stata ben più profonda: Una volta che sai che ogni attività umana ha un fine, devi fare in modo che detta attività non sia fine a se stessa ma ti porti in alto fino al punto di osservarla con distacco mentre ancora la stai vivendo! Da allora ci penso spesso e cerco di farne tesoro. isidoro spanò
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