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panoramica

Cu pecura si fa, u lupu sa' mancia

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Questo detto, pochissimo usato ai nostri tempi in cui quasi nessuno "si fa pecora"  e quasi tutti cerchiamo di essere "lupo", mi è stato suggerito qualche giorno addietro. Lo riporto alla mia e alla vostra attenzione non tanto per spiegarne il significato (chiarissimo) quanto per mettere in risalto come l'atteggiamento della società sia enormemente cambiato nel corso degli ultimi cinquant'anni. Fino agli inizi degli anni '60 del secolo scorso poteva essere necessario spronare qualcuno ad essere più spregiudicato e arrivista per non essere "mangiato dal lupo". Ora, cinquant'anni dopo, dovremmo cercare con il lanternino qualcuno che ancora si fa pecora a cui dare il suggerimento.

Altra cosa vorrei far notare e cioè che il detto si ferma a suggerire un comportamento per non essere mangiato e non, a sua volta, di mangiare; cosa difficile ai tempi nostri in cui si suggerisce di "sbranare" chiunque si frappone alle nostre mire, giuste o sbagliate che siano.

Questo, mi pare, risulta facile comprendere solo ascoltando uno dei tanti telegiornali della sera. Una aggressività eccessiva in tutti i campi: politica, lavoro, famiglia.

Non possiamo tornare indietro e non lo auspico assolutamente, ma il dubbio che ci siamo spinti oltre un limite di decenza dovrebbe farci compagnia e, forse, rielebarorare in meglio il nostro comportamento nella società.

isidoro spanò

Chi ti jeru li vacchi a dammagiu?

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Descrive un fatto molto comune nel mondo della pastorizia e cioè: una mandria che sfugge alle cure del pastore/mandriano e arreca danno alle colture di un campo vicino al pascolo. Nell'uso comune veniva usata in forma interrogativa per far risaltare lo stato confusionale in cui versava l'interlocutore e il suo "panico" di fronte a una situazione che lo poneva in forte disagio.

Non voglio dissertare sul significato letterale e quello nell'uso comune, vorrei far risaltare la ricchezza della lingua siciliana e il termine "dammagiu" contenuto nella frase. E' di chiara origine francese: "dommage" = "danno", sicuro retaggio del periodo in cui la Sicilia fu dominata dai francesi prima dei "Vespri Siciliani". Altro esempio di francesismo è quello dei nostri nonni che per dire di avere ottant'anni usavano dire di avere "quattru vintini" dal francese "Quatre-vingt".

Ben venga, quindi, l'impegno delle pro-loco nel rivalutare la conoscenza della lingua siciliana con iniziative rivolte ai giovani!

isidoro spanò

Tumazzu duru nun pigghia cchiù salamora

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Il detto è ancora molto usato e il suo significato è tanto chiaro da non avere bisogno di particolari spiegazioni. Quello che vorrei portare all'attenzione di qualche eventuale lettore è una caratteristica che ritengo singolare nel modo di usarlo. Infatti, se chi lo dice lo fa riferendolo ad una terza persona, assume un significato quasi accusatorio: mette in risalto che non c'è da attendersi nulla di buono da quella persona in quanto ormai è restìa a qualunque modifica nel suo modo di comportarsi. Se, al contrario, chi lo dice lo riferisce a se stesso, assume un significato come di scusa della propria impossibilità a modificare il proprio modus vivendi. Questa chiave di lettura mi è stata suggerita dalla conversazione, carpita per caso, tra un nonno e il proprio nipotino. Il piccolo (poco più di dieci anni) cercava di spiegare al nonno le varie applicazioni d'uso del proprio iPhone e questi, per trarsi d'impaccio, rispose: "Chi voi, figghiu meu, tumazzu duru nun pigghia cchiù salamora!". isidoro spanò

Asinu puta e Diu fa racina

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Siamo nel periodo della potatura delle viti e questo che vi propongo può essere  considerato il proverbio di "stagione". Il significato può essere inteso in due modi: anche la potatura di un asino (o di un agricoltore poco bravo) è accettabile dal momento che l'uva la farà Dio; oppure: nessuna vera o presunta bravura del potatore è garanzia di produzione perchè l'uva la fa Dio. Tutte e due le modalità di lettura fanno riferimento alla profonda religiosità degli antichi agricoltori che vivendo a stretto contatto con la natura ne comprendevano meglio di altri le varie fasi dei processi produttivi. 

Ai tempi nostri, con forbici pneumatiche o a batteria, chissà se viene usato con lo stesso spirito. Ma una cosa è certa, l'uva continua a farla Dio!

isidoro spanò

Cu pi scantu di nevula nun si parti, nè simina, nè arricogghi!"

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Chi per paura delle nuvole resta a casa non semina e non raccoglie

Questo detto mi è stato citato tanti anni fa da Melchiorre Triolo, nonno della mia (allora) fidanzata. Mi è tornato in mente stamani quando era indeciso se andare in campagna dal momento che si addensavano nubi minacciose e tutte le previsioni metereologiche (ogni rete televisa ha la sua) davano molta probabilità di pioggia.

Confidando sul significato del detto e, sopratutto, sulla necessità di "intraprendere" che il detto stesso suggerisce, ho deciso di andare e sono stato premiato (come tutti coloro che hanno fatto lo stesso) da una giornata in cui si è potuto lavorare tranquillamente.

Come sempre la saggezza contadina ha dato conferma della sua validità.

E' però evidente che "la nevula" indica non soltanto "la nube" metereologica bensì ogni difficoltà che possiamo incontrare sul nostro cammino in ognuna delle molteplici attività in cui siamo impegnati. E' una spinta ad osare e a mettersi in gioco: ne abbiamo bisogno!

isidoro spanò 

Curriri quantu voi, tèniri tài

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Durante lo scorso anno scolastico, la Pro Loco Vitese ha proposto ai ragazzi vitesi una ricerca sui modi di dire in lingua siciliana. I ragazzi, come era stato loro consigliato, hanno ottenuto la collaborazione dei componenti più anziani della famiglia (in primis i nonni). I docenti che li hanno coadiuvati nella ricerca, hanno fatto in modo che pochissimi sono stati i casi di ripetizione dello stesso "modo di dire". Il risultato è stato davvero sorprendente e se ne è avuta la prova nel corso della manifestazione conclusiva svoltasi nell'auditorium del Centro Sociale.

Era stata richiesta ai ragazzi  anche l'indicazione della persona da cui avevano appreso il modo di dire e una bambina ha scritto di averlo appreso dallo "Zio".

A Vita ci conosciamo tutti e non fu quindi difficile per me capire chi fosse lo Zio. Parecchi giorni dopo, incontratolo, gli feci i complimenti per l'interessante suggerimento dato alla piccola e lui mi disse di essere stato indeciso tra quello dato e quello che oggi propongo alla vostra attenzione. Nacque una breve e piacevolissima conversazione resa per me più interessante dal fatto che non conoscevo "curriri quantu voi, tèniri tài".

Faccio tesoro da quella conversazione e tento di darne l'interpretazione più corretta.

La considerazione più semplice è che per quanto potrai correre alla fine ti dovrai fermare. Ciò potrebbe apparire come ovvia certezza che ogni attività umana ha un fine ma sarebbe una spegazione riduttiva. L'interpretazione corretta del mio interlocutore è stata ben più profonda:

Una volta che sai che ogni attività umana ha un fine, devi fare in modo che detta attività non sia fine a se stessa ma ti porti in alto fino al punto di osservarla con distacco mentre ancora la stai vivendo!

Da allora ci penso spesso e cerco di farne tesoro. 

                                                                                             isidoro spanò

 

 

L'Olivo parlante

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Ero appena sceso dalla scala a pioli e la mia attenzione fu attratta da tre belle olive nere, lucide, piene di olio, che erano rimaste in cima ad un rametto. Ho risistemato la scala e stavo per salire quando udii una voce strana: "sss! ... sss!  non prenderle, piacciono tanto agli uccellini..."

Mi voltai di scatto ma nessuno dei miei amici aveva parlato. Ricominciai a salire e di nuovo la voce mi fermò. Ma stavolta avevo capito da dove veniva: era l'olivo secolare, dai rami contorti, che mi parlava!

Ma come, gli dissi, tu parli?

Io ti ho sempre parlato, mi rispose, solo che tu non mi hai mai ascoltato, adesso che sai e vuoi ascoltarmi, parliamo un pò.

Mi ritrovai ad ascoltarlo mentre mi parlava di mio padre, di mio nonno e di quelli che li avevano preceduti; mi raccontò come si era svolta la battaglia di Pianto Romano; mi disse del fragore dei bombardamenti durante la seconda guerra mondiale, di quanti fratelli aveva perso sotto le ruspe o per gli incendi.

Io, per non fare scena muta, gli parlavo della mia famiglia, dei miei figli, dei miei interessi, ma lui sapeva già tutto e meglio di me.

Tutto questo durò un paio di secondi e nessuno di quelli che erano con me se ne accorse: loro non sapevano ascoltare!

Ripresi il lavoro come se nulla fosse successo e solo a sera ritornai da lui per augurargli la buona notte: "Ci vediamo domani" mi rispose "ti debbo raccontare come sono andate le cose alle crociate".

Si, avere un amico di quasi mille anni può far comodo.

Voi che avete letto, se nei vostri campi c'è qualche fratello del mio amico, curatelo bene e sappiatelo ascoltare! 

isidoro spanò

Fai mali e pensaci, fai bene e scordatillu

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Giorni fa, un mio amico Lions (1°) volendo illustrare il comportamento ideale tra due amici, il primo che ha dato qualcosa e il secondo che ha ricevuto qualcosa, ha detto: "Quello che ha dato lo dimentichi, quello che ha ricevuto lo ricordi sempre". Anche se detto in maniera diversa è molto simile al modo di dire che i nostri avi ci hanno tramandato.

Molto spesso noi operiamo al contrario: ci ricordiamo dopo generazioni il male ricevuto e dimentichiamo dopo un minuto il bene che altri ci ha fatto.

Ma anche quanto detto dal mio amico non viene messo in pratica: chi ha dato non fa altro che ricordarlo al ricevente; chi ha ricevuto dimentica appena svoltato l'angolo e non mostra graditudine.

Possiamo rifarci al testo dei nostri avi o a quello del mio amico ma dovremmo cambiare il nostro modo di vita. Pensate per un attimo se per miracolo si verificasse una delle condizioni sopra riportate, che bello sarebbe!

Però posso cominciare io, puoi cominciare tu che leggi, possiamo contagiare gli altri. Tentiamo, speriamo di farcela.

isidoro spanò

(1°) Lions = la più grande Associazione di volontariato del mondo con 1.400.000 Soci; poco meno di 50.000 in Italia; quasi 4.000 in Sicilia.

 

 

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