Anche se non del tutto scomparso, l’artigianato tradizionale versa oggi in uno stato di sicura decadenza. Sono però ampiamente presenti testimonianze pregevoli di un artigianato fiorente fino a poco tempo fa.
A Vita, negli anni passati, diverse erano le donne che tessevano nelle loro case creando dei veri e propri capolavori. La tradizione delle tessitrici purtroppo non viene più tramandata e sono pochissime le donne che ancor oggi si cimentano in quest’arte affascinante, seguendo le antiche tecniche di lavorazione.

Le operazioni della tessitura sono molto complesse: occorre tendere su di un telaio una serie di fili paralleli detti ordito, i quali costituiscono la parte longitudinale di un tessuto. Attraverso i fili di ordito si fanno passare delle strisce di stoffa o fili di cotone detti trama. Per la realizzazione dei prodotti viene utilizzato del filo di cotone 100% per l’ordito e delle strisce di maglina di cotone o lana per la trama. Dall’intreccio fra trama e ordito nascono prodotti utili e ricercati come tappeti, arazzi, ecc.

Oltre alla tessitura, altra attività artigianale fiorente era quella della lavorazione delle foglie di palma nana, in gergo chiamata “giummara”, largamente usate per la preparazione di scope e di altri prodotti artigianali come cestini, stuoie, corde e cappelli. Le foglie, raccolte in estate e lasciate essiccare, venivano sfibrate per preparare il crine vegetale (detto “curina”), utilizzato per legare le giummare. Ultimati i lavori preparatori rimaneva di inserire il bastone e la scopa era pronta.
Altra attività era quella della produzione di cesti, canestri e panieri utilizzando come materiale vegetale le verghette di olivo o di olmo e le canne. Questo materiale veniva messo a bagno per facilitare la lavorazione. Le verghette, opportunamente intrecciate, formavano la base e l’orditura dei contenitori; orditura che veniva riempita con una trama di canne.

Queste attività, ormai pressoché abbandonate, vengono saltuariamente riprese, non tanto per necessità produttiva, ma prevalentemente per hobby. Ma cosa succede quando artigianato e passione si incontrano? A volte gli hobby si trasformano in vere e proprie opere di artigianato, che riescono a stupire e ad ammaliare chi le osserva.
Questo è il caso di un carrozziere ormai pensionato, che nel suo garage ha realizzato un vero e proprio museo, dando sfoggio della sua bravura nella lavorazione del ferro battuto, e soprattutto della sua creatività, capace di raccontare, far rivivere le tradizioni come se quelle riproduzioni avessero vita propria.

Tanino è un uomo che ha dedicato tutta la sua vita al lavoro, ai dettagli e alla cura delle sue miniature in ferro, opere che raccontano la tradizione della sua terra, Vita, che è viva e che lui continua a preservare. Chi lo incontra non può non notare i suoi occhi azzurri, brillanti e profondi, che sembrano raccontare tante storie. Ma ciò che più colpisce è il suo modo di parlare del suo lavoro: con una passione e una determinazione che pochi hanno.
Nato nel 1946, figlio di una mamma casalinga e di un papà sellaio, Tanino ha imparato fin da piccolo il valore del lavoro. A soli nove anni ha iniziato a lavorare dai lattonieri e non ha mai più smesso. Con Fina ha costruito una famiglia solida, avendo tre figli e sette nipoti, e la sua vita è stata sempre una continua dedizione verso di loro e verso la sua terra.


Ogni volta con orgoglio e la fìerezza di chi ha posto nella sua passione tanto tempo, dedizione e cura minuziosa, apre le porte del suo “ufficio tecnico“, un garage adibito a museo che dà sfoggio della sua bravura nella lavorazione del ferro battuto. Nel suo piccolo museo non è possibile non notare miniature di monumenti, modellini artigianali di auto d’epoca, altra sua profonda passione, perfino riproduzioni di strade, fontane, chiese ed edifici del suo paesino.
Insieme a suo figlio Filippo, ha ricreato con incredibile maestria la festa di Maria SS di Tagliavia in tutta la sua interezza: i carri dei vari ceti, le stradine, i “prisenti”, i doni… ogni singolo tassello delle sue creazioni rispecchia la tradizione, che lui, in prima persona, ha vissuto e continua a tramandare.
In fondo a destra una maestosa creazione spicca tra le altre: il plastico ferroviario in scala HO 1:87 della Sicilia Occidentale, che mette in evidenza l’enorme patrimonio culturale e paesaggistico della provincia. Una creazione che fonde realtà e modellinismo, in grado di stupire coloro che la notano per la prima volta.
Dopo aver notato l’espressione sbalordita di chi la osserva segue un “un ti preoccupari, ora ti fazzu fare un giro ncapu u treno”. Tanino, con un sorriso orgoglioso, accende tutte le luci del suo piccolo museo e mette in moto i treni. Il suo capolavoro prende vita, mentre i visitatori lo osservano con meraviglia.

Difficile non immaginarli lavorare insieme, padre e figlio, in quella stanza piena di capolavori e di vera e propria ingegneria; si tratterebbe di assistere a una danza di tradizione, di memoria, di famiglia.
Tanino non è solo un artigiano. È un testimone di un’epoca, un uomo che ha saputo unire lavoro, famiglia e tradizione in un’unica grande storia, che oggi ha il privilegio di raccontare attraverso le sue mani e la sua voce.

Giuseppe Rinninella, Mirko Benenati