Leggere i suoi versi mi dà la sensazione di essere catapultata indietro nel tempo di quasi cento anni: i luoghi sono quelli ormai a me cari, i personaggi descritti in maniera così accurata, che imparo a conoscerli.
Usa termini arcaici, ma così eleganti, legati bene tra loro e con una creatività tale, da immaginare che chi li scrive lo faccia per mestiere, dopo anni di studi alle spalle.
Quando però Maria mi illustra il personaggio, tutto cambia e non posso che apprezzarlo ancora di più.
Bernardo Scalisi, classe 1910, non era un poeta professionista: era un uomo semplice, uno che aveva sempre “travagghiato comu un mulu”, per dirla con parole sue, e che aveva raggiunto il traguardo della licenza elementare con grandi sacrifici ed orgoglio.
Aveva svolto tutti i lavori più pesanti: scavatore di pozzi, pastore, contadino, muratore… senza mai fermarsi, per poter portare a casa un tozzo di pane e mantenere le sue tante sorelle.
Amava lavorare da solo. Rifletteva, componeva, si isolava da tutto e mentre il suo corpo continuava a faticare, la sua mente viaggiava leggera con la fantasia.
Era un attento osservatore e per questo suo animo sensibile e goliardico, veniva sempre invitato alle feste, dove i suoi amici gli chiedevano di comporre all’istante dei versi per le fidanzate.
Immancabile la sua presenza agli altari di San Giuseppe, per recitare “Li parti”: aveva una memoria di ferro… mai un tentennamento o un vuoto!
Fu felice di dimostrare a tutti e a se stesso la sua bravura quando partecipò al programma di Mike Bongiorno “Lascia o raddoppia”, la cui puntata non andò mai in onda, ma gli lasciò un ricordo bellissimo, di cui andò sempre orgoglioso nella sua vita.
“Nun sugnu nnè pueta nnè studenti
Sugnu di qualchi cosa dilettanti.
Ddocu potti arrivari la me menti
E tirari nun potti chiù avanti,
fazzu la fini e non pigghiu chiù mprisi
e iu mi chiamu Birnardu Scalisi”.
Jeannette Tilotta